Tra le attività scientifiche di High North24, alcuni esperimenti sulla propagazione del suono subacqueo per capire meglio le dinamiche del cambiamento climatico. E non solo.
Tra carta e realtà
Non saranno ventimila, ma le leghe sotto ai mari scansionate dagli strumenti della Alliance sono comunque tante. Un’enorme area marina, incastonata sulle carte con le frastagliate coste della Norvegia e delle isole Svalbard a Est, l’immensa costa ghiacciata della Groenlandia a Ovest, e i villaggi dell’Islanda verso Sud. Qui è dove si muove High North24, e il piano prevede anche di muoversi più su, verso il limite dei ghiacci.
Vedere questa porzione di mondo sulle carte regala già un’idea di grandezza e di vuoto, ma non è abbastanza. Le carte mentono. Nei tre giorni di navigazione dal porto di Tromsø abbiamo incontrato solo qualche sparuta imbarcazione, vicino all’arcipelago delle Svalbard. Isole dove gli orsi polari sono ben più numerosi degli esseri umani, dove l’inverno non tramonta davvero mai.
Nel calendario di attività scientifiche promosse da High North24, promosse dall’Istituto Idrografico della Marina, si legge anche ACU. Un acronimo fra i tanti, che però è particolare. “La prima attività che faremo, sarà quella di imbarcare un piccolo team su un gommone, scendere in acqua e allontanarci dalla nave”, racconta Matteo Palmieri, 29 anni. Che non è uno scienziato, ma un ufficiale sommergibilista, col grado di Tenente di Vascello.
Ascoltando sotto l’acqua
“Una volta che saremo abbastanza lontani, inseriremo in acqua un idrofono per convertire l’impulso sonoro in elettrico, e così potremo misurare il rumore ambientale per registrare poi fenomeni naturali e antropogenici che avvengono in acqua”. Il primo passo è quindi registrare il silenzio, o quasi. Di certo c’è che nella zona intorno a noi il traffico mercantile è pressoché azzerato, non esistono porti o attività industriali che possano propagare suoni e rumori sotto il pelo dell’acqua. Solo animali, o al più sottomarini.
“L’obiettivo di questa ricerca, però, è relativo alla questione ambientale”, spiega Palmieri, occhi gelidi come il riflesso delle nevi sul mare. “Quando abbiamo lo ‘zero’, possiamo attribuire i rumori captati in acqua a fenomeni naturali, quali ad esempio la collisione e il distacco del ghiaccio.
La differenza tra quest’area e il Mediterraneo, ad esempio, è che il rumore di fondo è molto minore, e così la minor presenza umana e di altri rumori ci consente di poter valutare fenomeni che non sarebbe possibile rilevare in altre aree”.
Tra le altre cose, andremo poi a trasmettere una potenza nota per verificarne in seguito la sua trasmissione in acqua, passando a una registrazione che possa creare un modello. O rispondere a quelli che già abbiamo”. Ma un conto è muoversi in mari noti, dove la Marina Militare è presente da sempre, e di cui conosce ogni singolo movimento. Cosa ben diversa da qui, mari lontani e inesplorati per l’Italia – e non solo. Dal mondo dei sommergibili a quello ambientale sembra che il passo sia molto lungo, tanto più in questo momento particolare.
La dimensione subacquea
“Ma in realtà i fattori sono collegati”, racconta l’Ufficiale, iscritto al master di II livello in elettroacustica subacquea dell’Università di Pisa. “Il tema ambientale e climatologico è fondamentale per la forza armata. Perché il mare, ovunque sia, non è un sistema chiuso. Ogni specchio acqueo è collegato agli altri, e ogni cambiamento nella temperatura, nelle correnti o nella salinità è un dato importante anche per avere parametri migliori per capire cosa accadrà nei prossimi anni anche al largo delle nostre coste. La campagna High North24 consente di studiare la propagazione sonora, in presenza della banchisa, e così le peculiari condizioni della regione ci consentono di avere una visione più complessa e approfondita del tema”.
Non è certo un mistero che la dimensione underwater sia tornata prepotentemente sulla scena. Dopo decenni in cui la sicurezza e la difesa si erano concentrate su minacce più peculiari, come il terrorismo e le cosiddette “guerre asimmetriche”, oggi il ritorno sulla scena di possibili confronti tra entità nazionali riporta in auge anche grandi investimenti in unità che sembravano solo echi dal passato. Carri armati e veicoli terrestri, ma anche navi (tante) e sottomarini.
Nell’area che si inserisce tra Norvegia, Groenlandia e Islanda, soprattutto, il tema non è nascosto. Qui transitano numerosi battelli sopra e sotto il pelo dell’acqua, e buona parte di essi – oltre ai pescherecci – sono unità militari. Occidentali e russe. La difesa italiana ha inaugurato lo scorso dicembre il nuovo polo nazionale della subacquea, sottolineando l’importanza del settore. Che si avvale quindi di nuove strumentazioni per la ricerca scientifica, rilevanti anche nell’ambito della sicurezza.
Leonardo Parigi
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