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Turismo o carbone? Il futuro delle Svalbard russe

Foto: Thomas Nilsen

Con la produttività della miniera di carbone in forte calo, la Russia ha l’intenzione di riconvertire Barentsburg, nelle isole Svalbard, in un importante centro turistico. Le sfide che le si presentano non sono da sottovalutare.

Svalbard, isole contese

Abbiamo già discusso in varie occasioni dell’Arcipelago delle Svalbard e della sua importanza politica, militare e strategica. Il Trattato delle Svalbard garantisce a ogni Stato firmatario dello stesso il diritto di svolgere una qualsiasi attività economica sull’arcipelago, a condizione che rispetti le leggi norvegesi, dato che questo, infatti, si trova ufficialmente sotto la sovranità dello Stato nordico.

La Norvegia mantiene sull’isola di Spitsbergen, l’unica abitata dell’arcipelago, la presenza maggiore, seguita dalla Russia. La Russia ha sempre giustificato la presenza dei propri cittadini sull’isola attraverso le attività di sfruttamento del carbone. La cittadina di Barentsburg, il principale centro abitato russo dell’arcipelago, fu infatti fondata nel 1932 per ospitare i lavoratori della miniera di carbone.

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Scorcio su Barentsburg. Foto: Flickr.com/Jon Combe

Insieme a Barentsburg fu fondata anche Arktikugol, la compagnia che sovrintende ogni aspetto della vita e del funzionamento delle Svalbard russe.

Arktikugol, la Russia alle Svalbard

Arktikugol controlla di fatto ogni aspetto della vita degli abitanti. Non esiste politica a Barentsburg. I funzionari di Arktikugol sbrigano tutta l’ordinaria amministrazione del piccolo centro abitato. Ogni operaio o quadro delle miniere, ogni insegnante di scuola e ogni medico è selezionato dall’ufficio centrale della compagnia a Mosca.

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Il simbolo di Artikugol nella città abbandonata di Pyramiden, Svalbard.

Per persuadere i lavoratori a rimanere a Spitsbergen, Arktikugol rende la vita sull’isola quanto più appetibile possibile. Ai lavoratori sono offerti cospicui stipendi, bonus e incentivi di ogni tipo. Gli abitanti di Barentsburg hanno diritto a più giorni di ferie all’anno rispetto ai colleghi in Russia, ricevono aiuti economici per i pasti, appartamenti a spese della compagnia e un’assistenza sanitaria di alta qualità, anche grazie agli investimenti diretti alla costruzione di un moderno ospedale, interamente finanziato e operato da Arktikugol.

Da ormai molto tempo, sostenere la vita della popolazione russa sull’arcipelago esclusivamente tramite l’estrazione del carbone è diventato però impossibile. I rendimenti della miniera sono in calo da anni, mentre i costi di trasporto e produzione superano i profitti derivanti dalla vendita del carbone.

È dello scorso anno la notizia che Arktikugol avrebbe tagliato la produzione di carbone a Spitsbergen, estraendo solo quello necessario al funzionamento delle centrali termoelettriche locali. Nonostante ciò, per la Russia e il suo governo è di fondamentale importanza mantenere una presenza alle Svalbard e quindi è necessario trovare una soluzione alternativa. Secondo quanto dichiarato da Il’dar Neverov, direttore generale di Arktikugol, questa soluzione potrebbe essere il turismo.

Turismo, unica soluzione?

Arktikugol, attraverso la sua controllata Grumant, si occupa anche della promozione turistica della Spitsbergen russa. Attraverso pubblicazioni editoriali e pubblicitarie, la compagnia mostra al mondo le meraviglie naturali e le potenzialità che le Svalbard hanno da offrire a chiunque disposto ad avventurarvisi e ora intende investire seriamente nella creazione di nuovi collegamenti turistici. Si discute di questa possibilità già da diversi anni, ma la guerra in Ucraina ha sicuramente complicato un processo già di per sé non facile.

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Foto: Flickr.com/Øystein Karlsen

Il problema del portare turisti russi o di Paesi amici alle Svalbard combina sfide logistiche e politiche. Il viaggio via nave da Murmansk a Barentsburg richiede quasi due giorni interi, e la Russia non dispone di una flotta turistica sufficiente per gestire un flusso significativo di visitatori.

Attualmente, l’unica nave disponibile è la Klavdija Elanskaja, un traghetto degli anni Ottanta che presto potrebbe non essere in grado di operare nemmeno intorno alla Penisola di Kola come fa attualmente. Il traffico aereo, d’altra parte, non è una via praticabile. Le autorità norvegesi hanno infatti già respinto i piani di Arktikugol di istituire voli charter diretti tra la Russia e le Svalbard, rendendo estremamente difficile per i russi raggiungere l’arcipelago.

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La nave passeggeri Klavdija Elanskya naviga nella baia di Kola. Foto: Thomas Nilsen

Per visitare le Svalbard, infatti, i turisti russi dovrebbero ottenere un visto per l’area Schengen (gli unici collegamenti aerei sono attraverso la Norvegia), passare il confine con la Svezia, raggiungere Tromsø e da lì Longyearbyen, il capoluogo delle Svalbard. In questa fase storica, il Ministero degli Esteri norvegese è piuttosto restio a rilasciare visti.

Costi quel che costi

Tuttavia, come dimostrato in più occasioni, la Russia non si lascia scoraggiare dall’ostilità della comunità internazionale “occidentale” ed è determinata a proseguire imperterrita per la sua strada anche se altri cercano di complicarle la vita.

Nel 2026 sarà consegnata una nuova nave da trasporto passeggeri il cui principale scopo è navigare lungo la Rotta Marittima del Nord ma sarà anche in grado di raggiungere le Isole Svalbard. I cantieri navali di Petrozavodsk e Samara, coinvolti nella realizzazione del progetto, si sono dichiarati pronti a prendere nuove commesse per la creazione di una flotta.

Nonostante le sfide, la Russia sembra determinata a mantenere una presenza solida sulle isole Svalbard, investendo nel turismo per rafforzare sempre di più la sua identità artica.

Tommaso Bontempi

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Tommaso Bontempi
Dottore in Relazioni Internazionali Comparate, laureato presso l'Università Ca' Foscari di Venezia. Sono appassionato di tutto ciò che riguarda l’Europa orientale, dalla storia alla cultura alle lingue. La mia vita si svolge tra l’Italia e la Russia.

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